La Filodrammatica non si ferma
Paolo Grassi diceva: “il Teatro è per me come l’acqua per i pesci”
Un po’ è così anche per noi: questi mesi di separazione fisica hanno comportato, tra le tante limitazioni, una che ci ha particolarmente colpito, come membri di una compagnia teatrale: la sospensione delle prove “in presenza”.
Questa situazione, tuttavia, ci ha dato anche l’opportunità di immaginare il nostro percorso di gruppo in maniera diversa, rispolverano copioni accantonati negli anni precedenti e mettendoci alla prova con nuove modalità di incontro.
Con la viva speranza che, quanto prima, ci sia la possibilità di tornare sul palco in tutta sicurezza, la Filodrammatica Orenese ha promosso in questi mesi una importante iniziativa.
La folta schiera di attori è stata divisa in 5 gruppi più piccoli ciascuno dei quali, in autonomia, porta avanti un copione “con pochi attori”, cimentandosi con quelle che definiremmo le “prove al telefono”, basate sulle ormai note piattaforme informatiche di videoconferenza.
E il lavoro su queste nuove cinque produzioni simultanee continua giorno per giorno, con l’ambizione e il desiderio di portarle in vita, dal mondo digitale a quello reale, sul nostro amato palcoscenico entro la prossima stagione autunnale.
In anteprima, vi presentiamo qui i testi che sono stati scelti, per tutti i quali il regista, Massimo Perrone, si sta facendo in cinque… anzi, in sette; perché i cinque nuovi spettacoli saranno accompagnati dalla riproposizione di due spettacoli annullati nel 2020!
CAMERA MATRIMONIALE
L’ambientazione di questa divertentissima pièce teatrale potrebbe facilmente ricordarci la situazione vissuta nei mesi più duri della pandemia: si svolge infatti interamente in un’unica stanza, la camera da letto di Abbie e Michael.
E, da questo particolare punto di vista, racconta trentacinque anni di matrimonio della coppia tra amori e tradimenti, sogni e disillusioni: dalla consumazione del matrimonio alla nascita del primo figlio; dal successo di Michael come scrittore e le relazioni extraconiugali, fino alla morte di entrambi.
“Letto matrimoniale” (secondo il titolo originale dell’opera ridotta dalla Filodrammatica Orenese) è la biografia di un matrimonio, scaltra e originale, piena di finezze patetico-umoristiche, affidate a due soli personaggi e che negli anni cinquanta fece il giro del mondo.
In Italia ebbe la buona sorte di un’indimenticabile interpretazione di Renzo Ricci ed Eva Magni.
La commedia romantica del drammaturgo olandese Jan de Hartog ha debuttato a Broadway nel 1951. Nel 1952 il regista Irving Reis ha diretto un omonimo adattamento cinematografico, con Rex Harrison e Lilli Palmer. La commedia ha vinto il Tony Award alla migliore opera teatrale.
LO ZOO DI VETRO
Siamo alla fine degli anni ’30: Amanda ha cresciuto i suoi due figli da sola, dopo che suo marito li ha abbandonati. Originaria degli Stati del Sud, un tempo ammirata per la sua bellezza, nel suo rapporto con il figlio Tom e la figlia Laura oscilla tra il tenero e l’eccessivo; in particolare la donna si preoccupa del futuro di Laura, resa zoppa da una malattia e pertanto introversa e chiusa.
Laura passa tutto il suo tempo ad ascoltare vecchi dischi e accudire una collezione di animaletti di vetro, mentre il fratello Tom lavora in una fabbrica di scarpe per mantenere la famiglia, trascorrendo un’esistenza noiosa e banale che lo rende irascibile.
Amanda è ossessionata dall’idea di trovare un marito alla figlia e prega Tom di trovarle un pretendente: per liberarsi dalle sue pressioni, egli invita a cena Jim, un suo collega e amico di vecchia data. Quella stessa sera, tuttavia, Laura si rende conto di conoscere già Jim e di esserne stata innamorata: soggiogata dalla sua timidezza, non riesce nemmeno a sedersi con gli altri a cena.
Durante la cena, improvvisamente la luce va via e con uno stratagemma Amanda riesce a fare in modo che Laura e Jim rimangano da soli perché parlino e si conoscano: Laura confessa a Jim la sua giovanile infatuazione e questi, con molta tenerezza, la esorta a prendersi maggior cura di sé e a superare i suoi problemi, causati esclusivamente dalla sua insicurezza.
I due si trovano così a danzare insieme, ma con un brusco movimento Jim fa cadere un unicorno di vetro che fa parte della collezione di Laura e le confessa di essere già promesso sposo a un’altra donna. Laura gli dona l’unicorno spezzato come regalo di nozze prima di chiudersi in un ostinato e doloroso silenzio.
Nel soliloquio finale, Tom racconta di aver abbandonato la madre e la sorella dopo quella sera, così come aveva fatto il padre, anche se il loro ricordo lo avrebbe poi tormentato per tutta la vita.
Opera teatrale drammatica di Tennessee Williams. La prima avvenne a Chicago nel 1944. La trama della drammatizzazione espande quella di un racconto del 1934 dello stesso Williams, dal titolo Ritratto di una ragazza di vetro (“Portrait of a young girl in glass”).
SUITE 719
In questa commedia brillante, le camere di un lussuoso hotel vedono intrecciarsi tre storie diverse: dall’umorismo amaro e graffiante della prima, a quello svagato e furbesco della seconda sino a quello pieno e ridanciano della terza.
La prima vicenda racconta di due ricchi coniugi di mezza età che, momentaneamente impossibilitati ad usare la loro casa, hanno preso una suite nell’Hotel. L’idea è stata della moglie, Karen, che sente andare in crisi il suo matrimonio con Sam e ha pensato, per il giorno del loro anniversario, di prenotare la stessa suite dove ha passato la prima notte di nozze. L’incontro con la segretaria del marito, con la quale egli sembra abbia una relazione, è connotato da un fitto dialogo di graffianti battute e si chiude nel dubbio sulla fine che farà emergere il loro intenso legame stratificato dai lunghi anni trascorsi insieme.
Il secondo atto invece vede protagonista un famoso e ricco produttore cinematografico, che in una stanza d’hotel tratta i suoi affari. Ha del tempo da spendere e invita un’ex compagna di gioventù, conosciuta ventisette anni prima e che ricorda come bella ed attraente. La donna accetta ma è ormai sposata e madre di tre figli; benché attirata dal rinnovare la sua conoscenza con l’importante e famoso uomo di cinema sembra ben decisa a resistere alle sue avances. Il colloquio anche qui è pieno di divertenti battute ma il finale, con un fine gioco delle parti, consoliderà il carattere dei rispettivi ruoli.
Nel terzo atto, forse il più esilarante, si sta per celebrare il ricco sposalizio di Mimsey, figlia di un maturo proprietario terriero che assieme a sua moglie ha organizzato il ricevimento, costato una fortuna, in una suite di un sontuoso Hotel, da loro affittata. Mentre il padre della sposa si occupa degli ultimi preparativi la moglie gli annuncia che la figlia, senza apparente motivo, si è chiusa nel bagno e sembra decisa a rimanervi dentro, mandando a monte l’imminente matrimonio. Lei stessa ha tentato di farla uscire ma tutto ciò non è servito a nulla. Mentre i parenti e gli amici premono per far presto perché si è in ritardo per la cerimonia, il padre cerca anche lui in ogni modo di parlare con la figlia, senza successo. Tutto è inutile sino a quando arriva il promesso sposo che ci conduce a… un finale a sorpresa!
MI VOTI EL ME MARÌ
Con questo lavoro di Roberto Zago la Filodrammatica Orenese segna il proprio rientro nella tradizione dialettale lombarda, con una commedia tutta da ridere e dove le battute scoppiettano in ogni momento, ben sostenute dalla vicenda paradossale.
È il giorno delle nozze d’argento di Piercarlo e Teresina; siamo nella loro camera da letto, dopo una giornata trascorsa allegramente tra gli amici che li hanno accompagnati a casa. Ad un certo punto suona il campanello ed entra una donna procace: Donatella Fragola, collega di Piercarlo. Costei viene a reclamare la sua parte come amante dell’uomo, poiché afferma di essere stata per anni la segreta fidanzata di Piercarlo. I due coniugi cadono dalle nuvole: ma come Donatella si allontana, dando appuntamento a Piercarlo per il giorno dopo, Teresina ha una crisi e lascia a sua volta la casa e il marito.
Mentre Piercarlo si dispera, ecco che suona nuovamente il campanello e la bella Donatella che gli confessa di essere stata inviata a recitare la parte dell’amante da qualcuno che intende eliminare Piercarlo dalla tenzone politica.
Sì, perché il nostro è in lista per le prossime votazioni politiche. L’incalzare di avvenimenti, alla presenza anche dei figli di Piercarlo e Teresina, tra discussioni e colpi di scena conditi da due improbabili personaggi politici “non lombardi”, alla fine convincono Piercarlo di abbandonare la partita politica non ritenendosi adatto ad essere deputato. Sorpresa e gioia di Teresina che ha votato per lui nonostante i loro rapporti burrascosi.
Mentre gli altri, politici in primis, si allontanano delusi da questa decisione, Teresina invece gioisce, avendo comunque votato per lui nonostante i loro rapporti burrascosi: la commedia si chiude con i coniugi finalmente in grado di festeggiare da soli le loro nozze d’argento.
VENDITORE DI ANIME
Il testo è di un autore contemporaneo, Alberto Bassetti, nato a Roma nel 1955, che nel corso della sua vita ha collezionato diversi premi.
Il drammaturgo romano crea un’opera che tesse i fili di una storia che è insieme un inno di tributi e un turbinio di sconfitte e speranze vane, vissute da tre figure reali ma misteriose allo stesso tempo, ognuna pronta a dedicare tutta se stessa per preservare un luogo, che è alla base dei loro desideri e delle loro disgrazie: il teatro.
I tre personaggi incarnano le forze e le debolezze che sono legate a questo edificio, che durante l’opera gli farà vivere un viaggio alla ricerca del proprio scopo: l’Uomo che ha fatto della sua vita un inganno nella vacuità di un luogo che gli ha tolto tutto e che è pronto a trasformare in un supermercato, trae a sé il Giovane neofita che con ardore ed emozione ambisce a quelli che sono i grandi desideri ed ideali che tutti noi nutriamo sin dalla giovane età, per poi accorgerci che questi non sempre portano alla nostra sazietà di desiderio e speranza, percezioni che vediamo incarnate nella figura misteriosa della Donna che forse rappresenta una fantasia, un fantasma o il corpo concreto di un’attrice; ma che soprattutto incarna i fasci di un luogo arcano e misterioso ma che allo stesso tempo accomuna ed appassiona, che custodisce i nostri sogni e fa vivere infinite vite, elevando il semplice uomo ad una esperienza sensoriale senza eguali.
EPIFANIE DI UNA RINASCITA
Due monologhi
La serata si articola attorno al sottile filo rosso che unisce una dipartita e la possibilità di un passaggio a una vita migliore, visto da due importanti protagonisti della letteratura europea vissuti a cavallo dell’inizio del secolo scorso.
Il primo monologo, “L’uomo dal fiore in bocca” di Luigi Pirandello (1867 – 1936), interpretato da Giuseppe Caccamo, narra di un individuo, segnato da un atroce destino, che racconta a uno sconosciuto in una stazione come si è trovato “la morte addosso”. Nel racconto l’uomo, nonostante si renda conto di essere vicino al proprio trapasso, riesce a descrivere in maniera struggente, ma al tempo stesso fredda e disincantata, la sua condizione umana.
Il secondo monologo, invece, “Una relazione per un’Accademia” di Franz Kafka (1883 – 1924), interpretato da Massimo Perrone, verte sulla storia di un grosso scimmione che, catturato da alcuni mercanti, intuisce durante la sua prigionia “senza scampo” come la sola via d’uscita sia imitare in tutto e per tutto la condizione umana. La relazione descrive, a illustri cattedratici, come la perseveranza e la fiducia in noi stessi conducono sempre a una continua rinascita.
Entrambi i monologhi sono stati rappresentati dai migliori attori di tutti tempi (basti ricordare per entrambi l’indimenticabile interpretazione di Vittorio Gassman) e La Filodrammatica Orenese si vuole cimentare in questa doppia prova di “Teatro” con la T maiuscola, dove entrambi gli interpreti hanno alternativamente curato la regia all’altro.
CASA DI BAMBOLA
Testo teatrale drammatico scritto da Henrik Ibsen nel 1879 e presentato dalla Compagnia “Da lì a qui Teatro” di Cassina de Pecchi, una compagnia amica della Filodrammatica Orenese, per la regia di Giuseppe Caccamo.
Scritto ad Amalfi durante un soggiorno di Ibsen e rappresentato la prima volta il 21 dicembre dello stesso anno a Copenaghen, è una pungente critica sui tradizionali ruoli dell’uomo e della donna nell’ambito del matrimonio durante l’epoca vittoriana. Ibsen così scrisse nei suoi primi appunti per la commedia: «Ci sono due tipi di leggi morali, due tipi di coscienze, una in un uomo e un’altra completamente differente in una donna. L’una non può comprendere l’altra; ma nelle questioni pratiche della vita, la donna è giudicata dalle leggi degli uomini, come se non fosse una donna, ma un uomo».
Il parere di numerosi critici è che questo dramma rappresenta la “storia della prima femminista al mondo”.